Stringere la cinghia e marciare!

Mentre i mercati azionari si avviano verso il collasso le tensioni militari divampano in tutto il mondo. Con la guerra in Ucraina, la situazione di stallo militare intorno a Taiwan e una nuova ondata di conflitti tra potenze regionali, gli attori imperialisti muovono verso una nuova sanguinosa barbarie e giocano con le minacce di guerra nucleare. Queste manovre sulla scena geopolitica sono l’espressione della crisi totale del modo di produzione capitalistico. Le linee del conflitto imperialista sono tracciate dalla lotta per il dominio e il potere economico che vede le potenze imperialiste sempre più disperate e sprofondare in scontri sempre più intensi. Il controllo sulle principali arterie commerciali e sulle posizioni militari strategiche (stretto di Taiwan, stretto di Hormuz, Mar Cinese Meridionale, Mar Glaciale Artico, ecc.) sono ormai le faglie pronte a esplodere. Gli Stati Uniti comandano una catena di isole dal Giappone attraverso Taiwan, che gli consentono di escludere militarmente la Cina dal mare aperto e tagliarle le rotte commerciali cruciali in caso di guerra. Sanno anche che Taiwan è l'anello più debole di questa catena e hanno intensificato la retorica e la presenza militare. Da Biden, che dice apertamente che difenderanno Taiwan, alla visita di Pelosi per propagandare la democrazia, alle navi da guerra americane e canadesi che navigano nello stretto, gli Stati Uniti stanno dimostrando di essere disposti a tutto.

La Belt and Road Initiative cinese cerca di legare l'estrazione delle risorse mondiali alla produzione cinese. L'obiettivo a lungo termine è di sostituirsi alle istituzioni dominate dagli USA come polo globale della finanza e della produzione mondiale. Gli Stati Uniti e l'Europa hanno da tempo riconosciuto questo come una minaccia alla loro presa sull'economia mondiale e stanno rispondendo con forti esportazioni di capitali che includono un piano del G7 per investire 600 miliardi di dollari in Africa per rafforzare il loro dominio politico ed economico.

L'ordine finanziario del dopoguerra a guida USA è sotto attacco. Proprio all'inizio di quest'anno, la Cina ha offerto al governo saudita di scambiare petrolio in Yuan, il che sostituirebbe il vecchio accordo che prevede vendite di petrolio saudita esclusivamente in dollari. L'uso predominante del dollaro nel commercio e nei cambi è un pilastro della potenza americana in Medio Oriente e in tutto il mondo e non c’è dubbio che gli Stati Uniti faranno di tutto per mantenere la loro presa sul collo del commercio mondiale.

L'orrenda guerra di oggi in Ucraina è l'espressione più cruda dell'imperialismo. Gli esperti occidentali descrivono Putin come un pazzo irrazionale, ma la sua “follia” non è che il prodotto della crisi capitalista. La Russia è terrorizzata dagli attacchi sia sul fronte militare che economico, per la vulnerabilità delle steppe eurasiatiche ai carri armati della NATO e per l'espansione dell'Eurozona verso est. L'Ucraina è stata una componente fondamentale per il capitale russo sin dai tempi degli zar. Se la Russia non riuscisse a riconquistare i centri manifatturieri dell'est, la vasta produzione agricola e le critiche infrastrutture del gas, non sarebbe più in grado di competere coi rivali occidentali. L’invasione dell'Ucraina è il risultato sanguinoso della competizione internazionale esasperata dalla crisi e segna una nuova fase nella rivalità tra le grandi potenze imperialiste. Il “nuovo ordine mondiale” emerso dal crollo del blocco sovietico, in cui tutte le maggiori potenze militari ed economiche erano (sulla carta) allineate, ha ceduto il passo alla marcia verso la guerra. Le tensioni tra Russia e NATO in Europa e tra Cina e NATO in Asia possono solo intensificarsi man mano che la situazione economica mondiale rende ogni tensione una questione di vita o di morte. Pressato dalla crisi, ogni stato sta dando fondo a tutte le risorse disponibili per evitare l’incombente recessione. I mercati azionari globali sono in flessione, mentre l'inflazione, che attacca ovunque il tenore di vita della classe operaia, minaccia la riproduzione economica capitalista. Il tasso annuo di inflazione negli Stati Uniti è all'8,3% e al 7% in Canada. Sebbene i prezzi del gas stiano scendendo, l'inflazione complessiva aumenta. Grandi aziende come Fedex stanno segnalando attività e ordinativi in calo a causa dell'incertezza economica, dimostrando quanto sia stata un miraggio la "ripresa post-covid".

La stragrande maggioranza degli stati sta aumentando rapidamente i tassi di interesse a tre quarti di punto percentuale per volta. Guidate dalla Federal Reserve di Jay Powell, ci sono 25 banche centrali che aumentano i tassi di interesse per una che li diminuisce. Sperano di rallentare il ritmo dell'attività economica abbassando la domanda complessiva e quindi i prezzi. Tuttavia l'attuale situazione economica non è caratterizzata da una crescita globale a velocità vertiginosa, al contrario, l'economia da poco uscita dalla crisi innescata dalla pandemia, è ferma. In realtà la cosiddetta economia reale era bloccata da tassi di profitto troppo bassi già prima dell’arrivo della pandemia, a fatica sostenuta dalle politiche finanziarie intraprese dopo la crisi del 2008. Mantenuta artificialmente in vita grazie ai vari quantitative-easing e al riacquisto delle azioni societarie, l'economia mondiale era già orientata verso un'altra grande manifestazione della sua crisi cronica. I lockdown di grandi settori hanno bloccato la produzione e, con le catene di approvvigionamento globali strozzate dalle tattiche logistiche del "just-in-time", il capitale si è spostato verso speculazioni finanziarie e immobiliari nel tentativo di recuperare le perdite e mantenere la redditività. L'attività speculativa si è ingoiata una parte massiccia della cosiddetta "crescita", tanto che il settore immobiliare ha rappresentato il 43% della crescita del PIL canadese nel primo trimestre del 2022. Nel frattempo, innumerevoli società legate all' "economia reale" hanno continuato a operare per tutta la pandemia con tassi di profitto negativi, animate come burattini da mercati azionari ipertrofici e bassi tassi di interesse. Era solo questione di tempo prima che le difficoltà del settore produttivo e delle sue "aziende zombi" tornassero alla finanza come un boomerang provocando una crisi generalizzata del capitale.

La crisi del capitalismo, con l’inasprirsi delle tensioni imperialistiche, si è andata aggravando dalla fine dell'ultimo ciclo di accumulazione negli anni '70, ponendo fine alla cosiddetta "età d'oro del capitalismo". Da allora il capitalismo nel suo insieme ha tentato di tamponare la crisi con vari mezzi: le politiche monetarie centrali, lo spostamento delle produzioni dell'industria verso mercati del lavoro a basso costo, la riorganizzazione della produzione e un attacco generalizzato alle condizioni di vita dei lavoratori. Tuttavia, queste misure hanno solo rimandato lo scoppio dei problemi aumentandone la profondità.

Lo sviluppo tecnologico nella produzione si traduce in tassi di profitto in calo, portando il sistema verso la crisi.

Il boom del secondo dopoguerra è stato reso possibile dalla vasta distruzione di capitale durante la guerra, ciò ha permesso agli Stati Uniti, risparmiati dalle distruzioni, di emergere al fronte della gerarchia imperialista. Nel 1945 controllavano non meno del 48% di tutto il capitale mondiale. Da allora, la posizione americana è andata declinando, a partire dal riemergere di Giappone e Germania negli anni '60 e peggiorando con l'ascesa della Cina. Mentre Germania e Giappone sono rimasti sotto l'ombrello del potere politico e militare americano, la Cina è diventata un serio contendente indipendente. Con la seconda economia più grande del mondo, la popolazione più numerosa e fiorenti settori industriali e tecnologici, la Cina ha la capacità di soppiantare gli Stati Uniti come principale potenza globale. Raccogliendo porti negli oceani Pacifico e Indiano come parte della sua Belt and Road Initiative, ha radunato una forza navale ora in grado di sfidare la flotta americana del Pacifico. Accanto a questo, sempre più nazioni che contengono risorse naturali vitali stanno passando sotto l'influenza economica cinese. Le politiche della Cina l‘hanno portata a guadagnare influenza su una serie di perle economiche che attraversano l'Asia, l'Africa e l'Europa. E ora, per gli incubi di Washington, la Cina ha apertamente intenzione di sfidare il dominio del dollaro, il pilastro del potere più protetto dagli Stati Uniti. Riconoscendo questa minaccia, gli USA stanno provocando sempre più conflitti coi propri rivali per frenarne l'ascesa.

Sebbene non consapevolmente, le varie potenze imperialiste sono sempre più costrette a ricorrere alla guerra man mano che la competizione economica in un sistema malato restringe sempre più le possibilità di profitto.

Di fronte alla profondità della crisi del suo sistema, la classe capitalista ha un messaggio per la classe operaia mondiale: stringete la cinghia e marciate! Le due soluzioni che la classe dirigente ha formulato per resistere alla crisi sono scaricare le loro difficoltà economiche sui lavoratori e orientarsi verso la guerra imperialista.

Già prima dello scoppio della guerra in Ucraina i padroni stavano conducendo un assalto generalizzato contro la nostra classe. Quando i lockdown sono terminati e la domanda sociale di lavoro è tornata ed è stata introdotta una nuova “normalità”, perché la borghesia aveva un disperato bisogno di compensare le perdite. Il lavoro è così stato accelerato, i salari reali sono diminuiti, il capitale ha inondato il mercato immobiliare e gli affitti sono aumentati vertiginosamente, i contratti di lavoro sono stati lasciati scadere e gli scioperi nei settori chiave sono stati dichiarati illegali con il pretesto, diligentemente sostenuto dai sindacati, dell'unità nazionale.

In risposta a questi peggioramenti, la classe operaia ha intrapreso azioni in tutto il Nord America. I lavoratori hanno scioperato contro gli orari lunghi e caotici al porto di Montréal e allo stabilimento Frito-Lay in Kansas, mentre negli asili nido CPE in Québec e al Casino de Montréal si è lottato contro l’aumento degli affitti e dei costi alimentari. In ciascuna di queste lotte, i sindacati hanno svolto il loro ruolo di sabotaggio deviando le azioni di sciopero tra più sindacati e ritardando gli scioperi in modo che lo stato dei padroni potesse facilmente tamponarne gli effetti. L'assalto generalizzato che la classe operaia ha dovuto subire a garanzia dei profitti potrà solo peggiorare quando il capitalismo si troverà impantanato in un blocco totale. Quando la fuga finanziaria verso le attività speculative si rivelerà un vicolo cieco, il capitale si troverà faccia a faccia con il suo problema sistemico di bassa redditività, aggravato dall'aumento dei costi di produzione. Come con il crollo degli anni '70, l'aumento dei tassi di interesse delle banche centrali provocherà una recessione ancora più ripida. È difficile trovare un singolo economista con una visione ottimistica per il prossimo anno!

Con alti tassi di interesse si abbassano ulteriormente i salari reali e aumenta la disoccupazione, ciò vuol dire colpire ancora più duramente la classe operaia.

Con l'intensificarsi dell'imperialismo e l'imminente crollo, il capitale lascia cadere ogni appiglio negoziale. Come sperimentato dai ferrovieri americani e dai lavoratori del petrolio britannici e norvegesi del Mare del Nord, nessuna lamentela della classe operaia è autorizzata a mettere in difficoltà lo sforzo bellico. Tutti questi scioperi sono stati dichiarati illegali, implicitamente o direttamente e qualsiasi lotta sociale interna sarà considerata un ostacolo allo sforzo bellico.

Schierarsi con uno dei contendenti in questa lotta mortale tra NATO e Russia sarebbe per la classe operaia una rinuncia alla sua posizione di classe indipendente e una capitolazione totale a favore della classe sfruttatrice. La classe operaia deve rispondere all'aggravarsi della crisi, all'attacco dei padroni alle condizioni di vita dei lavoratori e all'escalation del conflitto imperialista con la propria lotta indipendente e politica.

Imparando dai vari scioperi connessi al Covid, è necessario che la classe operaia si liberi dal dominio sindacale e generalizzi le sue lotte al di là dei singoli settori. Solo in questo modo può combattere efficacemente contro la sua terribile situazione. La situazione globale del capitalismo e la lotta economica frammentata dei lavoratori rivelano la necessità che la classe operaia si costituisca come classe attraverso un partito comunista mondiale. Oggi l'emergere di un tale partito sembra lontano, ma rimandare questo compito a una situazione storica sconnessa dalle vere lotte della classe e dal lavoro dei rivoluzionari oggi sarebbe sedersi ad aspettare e non comprendere che il partito è sia un prodotto che un agente della lotta di classe.

In risposta a tutto questo, stiamo partecipando all'iniziativa No War but the Class War come strumento per i rivoluzionari di combattere per la prospettiva internazionalista all'interno della nostra classe. Attraverso questa iniziativa e con il nostro lavoro pratico, speriamo di intervenire nella lotte che si verificano nelle nostre aree e di portarle verso una politica contro i padroni e le loro spinte belliche.

Il capitalismo rende chiara la scelta! Rivoluzione o guerra, comunismo o estinzione.

Klasbatalo, ottobre 2022

Domenica, November 6, 2022