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Home ›FIOM: Dalle firme separate alla lotta di classe?
L'impennata (relativa) della conflittualità operaia degli ultimi mesi, dovuta al manifestarsi della crisi, che vede molti operai occupare e presidiare le aziende dove lavorano, vede allo stesso tempo un rinnovato attivismo della Fiom; non firma il contratto dei metalmeccanici platealmente svenduto da quelle escort di regime a tutti gli effetti che si chiamano Cisl-Uil-Ugl ecc., le quali sperano di ottenere in esclusiva posti e potere negli Enti Bilaterali di cogestione della forza lavoro con lo scontato sostegno degli “utilizzatori finali” di Confidustria (il Cavaliere alle sue, di Escort, elargisce candidature e cariche istituzionali...).
La posta in gioco è notevole e riguarda principalmente la rappresentatività del sindacato stesso nonché la gestione del malessere operaio in un periodo di crisi come l'attuale; il dato economico è del tutto secondario dato che la Fiom aveva chiesto 130 euro di aumento contro i 108 “strappati” dagli altri sindacati senza scioperare (e l'esperienza ben ci insegna che quel che si ottiene dopo tante ore di sciopero è sempre meno di quanto chiesto) . In più, rispetto agli altri, chiedeva il blocco dei licenziamenti per 2 anni ed il prolungamento della Cigs. Importante certo, anzi doveroso, viene da dire, ma... data la profondità della crisi e la “forza” numerica tanto sbandierata non sarebbe il caso di iniziare a pretendere invece di chiedere? Che è quello che poi fanno quasi sempre i padroni quando impongono la loro “volontà” alla “maggioranza” dei lavoratori.
Una parte del personale politico della borghesia oggi alla guida dello stato, identificabile più o meno col centro destra, vuole molto probabilmente mettere fuori gioco la Fiom e magari tutta la Cgil, ritenendo di gestire così al meglio la fase politica attuale; parte del mondo imprenditoriale ritiene invece la Cgil - e quindi la Fiom - un interlocutore indispensabile alla gestione del conflitto sociale, cercando allo stesso tempo di diminuirne però la forza contrattuale nelle sedi istituzionali (attraverso la fascistizzazione alla luce del sole delle leggi sugli scioperi e la rappresentanza) .
Come si dice: trovarsi tra l'incudine ed il martello.
La Fiom gioca la carta del peso dei suoi iscritti e ne fa questione di “democrazia”, di volontà della maggioranza, fingendo di ignorare la realtà di tutti i giorni del capitalismo (è risaputo infatti che in Fiat sono gli operai a decidere le sorti dell'azienda e non Marchionne ed il suo cda...) ma allo stesso tempo si guarda bene dallo “scatenare” tutto il potenziale di lotta che possiede, dato che sa benissimo che potrebbe poi esserne scavalcata. Ed infatti si guarda bene dall'unificare tutte le decine, oramai, di vertenze anche dure che sono in corso in queste settimane nel paese, secondo una prassi consolidata che potremmo chiamare avvocatistica o da patronato.
Per certi versi accade oggi alla Fiom quello che è accaduto ed accade al sindacalismo di base: osteggiato e non riconosciuto dalle controparti, anche quando rappresentativo di quote significative di lavoratori, in quanto non sufficientemente allineato alle compatibilità aziendali, di categoria ecc.
Non possiamo fare a meno di ricordare come anche la Cgil, cui la Fiom per statuto è soggetta, dal '92 ad oggi abbia sottoscritto ogni accordo che di fatto prevedeva il peggioramento delle condizioni di lavoro e salario.
Di più: l'allungamento della durata dei contratti da 2 a 3 anni, uno degli attuali oggetti del contendere tra le confederazioni, fu un' “invenzione” di Cgil-Cisl-Uil già nel “lontano” 1978 per uscire dalla crisi...
Beh, visti i risultati sarebbe bene non avere troppa fiducia negli attuali manovratori...
Diciamo questo perché riteniamo che sarebbe un'occasione persa per la nostra classe se le esperienze che stanno lentamente maturando in molte realtà lavorative - in modo certo non lineare e talvolta contradditorio - restassero chiuse in un ambito puramente aziendale e rivendicativo fine a se stesso.
Come classe cioè noi non faremmo alcun passo in avanti; per questo riteniamo vitale un rinnovato protagonismo dei lavoratori che sviluppi forme di lotte dirette ed autorganizzate dai protagonisti stessi.
La nostra critica vuole servire ai lavoratori meno rassegnati ed allineati affinché diventino parte attiva del radicamento politico ed organizzativo di un partito di classe genuinamente comunista ed internazionalista.
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