1908 - Il processo ai sindacalisti parmensi

Immagine - Giugno 1908 - Attacco dei carabinieri alla Camera del Lavoro di Parma

Una storia di 100 anni fa, ma interessante ai fini degli insegnamenti che ci tramanda.

Era il periodo in cui in opposizione alla “moderatezza” rivendicativa della CGL, al gradualismo e collaborazionismo politico del P.S.I molti lavoratori aderivano alle idee ed alle pratiche dell’anarco-sindacalismo. Questa corrente svalutava apertamente il ruolo del partito politico di classe nel processo rivoluzionario a favore di un ibrido politico-sindacale, le Camere del Lavoro anarco-sindacaliste, che - a suo dire - avrebbero potuto realizzare subito la trasformazione sociale a colpi di scioperi - anche assai duri - espropri, imposizioni normative al padronato; allo stesso tempo, rappresentavano la base della futura società socialista.

Parma fu una di quelle città in cui questa tendenza assunse maggior rilievo; allo stesso tempo fu anche la prima in cui si verificò quella che possiamo definire la prova generale della “controrivoluzione preventiva”.

1 Maggio 1908: cogliendo l’occasione delle celebrazioni della festa di classe, l’Associazione degli Agrari parmensi comunica alla Camera del Lavoro ed alle Leghe contadine e bracciantili la disdetta di tutti gli accordi in essere, considerati insostenibili economicamente (n.b: i trattamenti economici allora riservati ai braccianti parmensi erano probabilmente tra i migliori dell’intero nord-Italia, in seguito alle dure lotte da essi sostenuti negli anni precedenti.)

Presi in contropiede, i dirigenti della CdL non possono che dichiarare lo sciopero ad oltranza; esso nonostante tutto si rafforza e si crea una catena anche internazionale di sottoscrizioni a favore degli scioperanti - arriveranno fondi da molte città europee ed addirittura dagli Iww americani ! - mentre molti figli degli scioperanti vengono ospitati dalle famiglie proletarie della versilia su iniziativa della Cdl di Viareggio (Lu), anch’essa allora in mano agli anarco-sindacalisti, il cui segretario era quel Luigi Salvatori in seguito esponente della Frazione Comunista del P.S.I e poi parlamentare del P.C.d’I (scriverà anche sul Prometeo, organo della Sinistra del Partito).

A metà giugno, dopo un mese e mezzo di sciopero in cui gli scioperanti seppur duramente provati non erano stati piegati, l’Associazione degli Agrari pubblicizza - mossa preventivata con largo anticipo - l’arrivo in città di crumiri (“liberi lavoratori”) provenienti dalle province vicine più povere.

Inevitabilmente la rabbia proletaria esplode in rivolta cittadina e scontri alla stazione; le milizie civiche - formate, finanziate ed addestrate in precedenza dall’Associazione Agraria - intervengono con le armi da fuoco. Poi scendono pesantemente in campo carabinieri ed esercito; gli scioperanti sono dispersi dopo scontri in tutto il centro cittadino, la sede della CdL è presa d’assalto e devastata dai carabinieri. Decine gli arresti di attivisti sindacali, scioperanti e semplici lavoratori.

Essi resteranno in carcere in attesa del processo che si svolgerà nel novembre dello stesso anno a Lucca, considerata l’unica città in cui avrebbe potuto svolgersi in tranquillità, data l’eco nazionale della vicenda.

Tra i difensori dei 50 imputati va ricordato anche Pietro Gori, oltre al già citato Luigi Salvatori.

Inaspettatamente la Corte assolve praticamente tutti gli scioperanti dall’accusa di rivolta organizzata come sostenuto dall’accusa, ritenendoli solo colpevoli di reati minori. Solo Alceste de Ambris, latitante, fu condannato a 2 anni, in quanto segretario della CdL e perciò “istigatore” (oggi, per inciso, notiamo come dopo 60 anni di democrazia costituzionale e repubblicana le pene sarebbero, anzi sono assai più pesanti per reati simili: vedi G8 del 2001).

Lapidario il commento di un anziano bracciante appena scarcerato:

non sono mai stato né socialista, né anarchico , ma dopo che i carabinieri mi hanno portato in carcere a pedate nel culo solo perché difendevo con la lotta il mio diritto ad un salario ed un lavoro dignitoso ho deciso di dedicare tutto il tempo che mi resta da vivere alla lotta di classe per l’anarchia ed il socialismo.

Conferma mirabile del materialismo storico in fatto di determinazione delle idee.

Il treno organizzato dai ferrovieri per riportare gli scioperanti a casa è un tripudio di bandiere rosse e canti di lotta e giubilo; a Viareggio e Sarzana è fermato e salutato da migliaia di proletari che celebrano la loro “vittoria” di classe, così com’è percepita allora nonostante sul piano puramente contrattuale gli Agrari avessero riportato una vittoria.

Ricordiamo questi eventi non certo per risibile nostalgia dei “bei” tempi andati (che in realtà raramente se non forse mai tali furono), bensì per trarne spunti ed insegnamenti per l’oggi: non è secondario notare come parte della classe dirigente anarco-sindacalista passò pochi anni dopo all’interventismo nella prima guerra mondiale e spesso poi al dannunzianesimo (es. il De Ambris), mentre alcuni (es. il U.Pasella) diverranno addirittura dirigenti del sindacalismo corporativo fascista. Frutti avvelenati, ma coerenti con l’ideologia della rivendicazione e dell’azione in sé - sciopero, occupazione, ecc. - come fini anziché mezzi, del rifiuto del ruolo fondamentale del partito, della sopravvalutazione di quello del sindacato.

A costo di sembrare maligni, pensiamo che anche oggi avremmo “sorprese” di tal genere in condizioni analoghe; e d’altronde non abbiamo visto i presuntissimi comunisti alla Bertinotti ai vertici del potere statale borghese appoggiare guerre e spedizioni militari oppure tutta una generazione di contestatori del decennio 1968-77 passare (o tornare?) armi e bagagli dalla parte della classe dominante, da cui peraltro provenivano?

Come si vede, la provocazione, la creazione e l’armamento di milizie anti-proletarie da parte padronale non furono un'esclusiva del fascismo - contro cui Parma dette nelle famose “barricate” dell’agosto 1922 un ulteriore esempio di genuina resistenza proletaria - che casomai generalizzò, affinandoli, modus operandi tipici della borghesia di tutte le latitudini. Sfortunatamente allora come oggi restò in ombra la lezione più importante della vicenda: l’emancipazione sociale, il socialismo è impossibile senza la lotta per la conquista del potere politico, per l’esercizio della dittatura di classe: ogni genuina resistenza alle pretese della classe dominante è destinata a spegnersi, ogni conquista ad essa strappata nella lotta senza sosta tra Capitale e Lavoro è destinata ad esser riassorbita.