Contro la guerra e i processi alle lotte

Volantino per la manifestazione del 26 gennaio 2008 a Firenze

Ogni guerra altro non è che la continuazione della lotta politica tra gli Stati con altri mezzi; questa consapevolezza è patrimonio del movimento operaio da un secolo e mezzo. E solo la lotta di classe dei lavoratori la può fermare, come ha già dimostrato in un passato purtroppo non recente.Scorciatoie non ce ne sono; raccolte di firme, bandiere arcobaleno e buoni sentimenti pacifisti non sono sufficienti. Anzi, quasi sempre, sono il cavallo di battaglia di tutte quelle forze politiche che a parole si dichiarano contro la guerra ma, poi, nelle stanze del potere si fanno carico delle “Responsabilità di Governo”. Del capitalismo, aggiungiamo noi. Del quale vanno riconosciuti e combattuti i meccanismi del profitto e dello sfruttamento se si vuole davvero fermare le guerre.

Che cos'è il diffondersi di conflitti aperti e/o di focolai di guerra, se non il tentativo, da parte di imperialismi grandi e piccoli, di far fronte alle difficoltà economiche? Dietro all'aggressività USA, al terrorismo islamico, alle guerre “dimenticate”, ci sono la difficoltà del dollaro nel mantenere la sua egemonia mondiale di fronte alla minaccia dell'euro, la lotta per l'appropriazione parassitaria-finanziaria del plusvalore estorto alla classe operaia mondiale, per il controllo dei flussi energetici, delle materie prime, di zone di influenza economico-strategiche.

Come comunisti internazionalisti siamo solidali coi compagni antagonisti e del sindacalismo di base sotto processo per gli scontri del maggio ’99 davanti all’ambasciata americana alla fine della manifestazione contro l’intervento italiano in Kosovo. Non esaltiamo, né certo ci scandalizza la violenza - di nessuna delle due parti in campo. La violenza, quella vera, è del sistema economico in cui viviamo che condanna a morte OGNI GIORNO migliaia di esseri umani per mancanza di acqua, cibo e medicine, per la mancanza - voluta - dei sistemi di sicurezza sul lavoro, oltre alle guerre.

C’è forse chi si aspettava qualcosa di diverso dai tribunali di questo stato? C’è forse chi ritiene che le istituzioni siano o possano essere al di sopra delle parti di fronte ai conflitti sociali? Forse chi è ingranaggio di queste istituzioni sì, chi oggi è al governo e rappresenta l’argine sinistro del sistema sì, chi è fuori dal parlamento ma con queste forze mantiene un rapporto più o meno organico, sì. Noi, invece, che alle presunte istituzioni democratiche della società borghese non ci abbiamo mai creduto, riteniamo che sia solo un problema di rapporti di forza nella lotta di classe.

Ben venga la tutela legale, ma allo stesso tempo estendiamo l’arma della solidarietà di classe senza rassegnarci ad un'utopistica ed astratta idea di giustizia o, peggio, alla benevolenza ai potenti.