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Home ›Coordinamenti, gruppi e Partito
Anche se osservata da un occhio superficiale, la situazione al|’interno del composito e molto spesso contradditorio mondo in cui si muovono le sparute forze rivoluzionarie, appare in tutta la sua debolezza.
In un momento in cui la sempre più travagliata crisi del mondo produttivo capitalistico va maturando le condizioni di una possibile ripresa della lotta di classe, la mancanza di un punto di riferimento politico operativamente presente, che sia in grado cioè di coordinare ed unificare le prime, sporadiche spinte di un processo che sta preannunciandosi, apre enormi spazi alla confusione se non addirittura allo sconforto.
Da un lato si assiste al ripiegare, dopo il crollo verticale quanto "improvviso" di falsi miti (Vietnam, Cina ecc) su posizioni nichilistico-individualistiche, da|l'altro all’annaspare in un mare di confusione politica dove infantilismo, presunzione e settarismo sembrano avere il sopravvento.
Ma le situazioni non vanno solo giudicate ma anche interpretate, Il dato obiettivo della situazione attuale pone in evidenza il sorgere di micro iniziative a vari livelli (centri di documentazione, coordinamenti operai più o meno spontanei, gruppi politici) alcuni dei quali, nel loro sforzo orientativo, quando esiste., si collocano all'interno o ai margini dell’area internazionalista. Il florilegio di queste iniziative e di gruppi politici, peraltro ancora relativo, a latere di organizzazioni pre-esistenti sia organizzativamente che come filtro politico attraverso il quale sono passati più di sessant’anni di lotte e di esperienze proletarie, va osservato nelle sue caratteristiche peculiari, di volta in volta, caso per caso e non giudicato in blocco come fenomeno unico e politicamente unitario. Se é vero che lo spazio lasciato vacante dall’assenza di un partito rivoluzionario rende tutto più facile alla manovre borghesi e immensamente più difficile il favorire la ripresa della lotta di classe, é anche vero che queste iniziative, che ne sono la conseguenza sul piano del muoversi e delle intenzioni, hanno una diversa caratterizzazione.
È quindi necessario operare un distinguo tra quei gruppi che nello sforzo di orientarsi politicamente, si affacciano per la prima volta alla soglia di posizioni internazionaliste, trascinandosi dietro una inevitabile serie di dubbi e perplessità, e quei gruppi che, indipendentemente dal loro presentarsi, sono il segno del riflusso e della confusione. Nel primo caso siamo in presenza di forze giovani, politicamente vergini o quasi, che si impongono uno sforzo di chiarificazione e di confronto nel tentativo di agganciarsi a quel processo di aggregazione che tutti auspicano ma che pochissimi praticano realmente; nel secondo siamo in presenza, il più delle volte ad iniziative confuse quanto opportunistiche con una grossa impronta personalistica operate da "vecchie scarpe" auto-riciclatesi che giustificano il loro "essere" politico mediando quanto più é possibile con il duplice scopo di distinguersi riproponendo vecchie posizioni. In altri termini mentre le prime esperienze rappresentano lo sforzo di chiarificazioni necessario al|’interno del|’area rivoluzionaria perché si possa marciare verso il processo di aggregazione politica, le seconde sono il segno del processo opposto, ovvero della degenerazione opportunistica che ha investito ed investe tuttora certe organizzazioni. Non sempre questo distinguo é chiaro e lineare anzi, molto spesso, le due situazioni si confondono, ciò non di meno é necessario avere chiara la situazione di fondo per non correre il rischio di scambiare una situazione montante con una discendente e viceversa. In entrambi i casi va rilevato come si inneschi, negativamente, un processo di auto-difesa sotto forma di "psicologia di gruppo" che ai primi serve come paravento dietro cui nascondere le proprie insicurezze politiche, ai secondi per mascherare opportunisticamente le reali o presunte divergenze in modo da salvaguardare la propria autonomia e giustificare la propria esistenza. Si, assiste cosi al paradossale comportamento per cui, quando una di queste iniziative esce alla luce, nonostante le dichiarazioni di prammatica, si affanna a stabilire contatti bilaterali e quindi paritetici con altre organizzazioni già esistenti, preferibilmente se estere, pur di non addivenire ad un reale confronto politico che potrebbe mettere in discussione le basi di una esistenza autonoma se non addirittura della stessa esistenza. Anzi, se confronto si vuole, BENE che questo avvenga a distanza, organizzazione contro organizzazione, in quanto, se nessuno può avere la presunzione dichiarata di considerarsi il Partito vuol dire che TUTTI pariteticamente concorrono alla sua formazione. Ma é poi vero e dialetticamente corretto affermare che la costruzione organizzativa del futuro Partito debba avvenire sulla base della confusione di vari gruppi od iniziative politiche e questi ultimi, quindi, vadano considerati come un primo importante contributo? La risposta é duplice, come é duplice il carattere che la sottende. Innanzitutto non ha senso parlare di gruppi in maniera indifferenziata, ma nella accezione su esposta, ovvero è rilevante il fenomeno quando tende, al di la di ritardi e di pecche, ad un genuino sforzo di ricomposizione organizzativa, altra cosa quando un medesimo fenomeno presenta ancora evidenti i segni della degenerazione, per cui non può assolutamente essere considerato in senso positivo ma come ulteriore aumento della confusione già esistente. In secondo luogo va chiarito una volta per tutte che il Partito non può nascere dalla confusione politica di queste esperienze parziali e frammentarie ma da||’aggregazione di forze sane su di una piattaforma politica.
A questo punto il problema si sposta dal campo del soggettivo e de|l’estemporaneo si passa a quello più concretamente politico. Esiste questa piattaforma, o é ancora tutta da formulare? Vecchie e nuove esperienze politiche devono confrontarsi per superare il proprio particolare e dare origine insieme a qualcosa di diverso e di superiore, oppure la storia della lotta di classe, le antiche e recenti sconfitte del proletariato internazionale hanno già sufficientemente mostrato errori e debolezze, ma anche conquiste politiche e punti fermi, inamovibili?
A coloro i quali, scomodando Lenin, pensano di dover ripercorrere il cammino della vecchia Iskra del confronto-scontro tra gruppi e tendenze, quasi agli albori della storia del movimento operaio, noi riscontriamo che una rivoluzione proletaria vincente, anche se poi rientrata su se stessa, due guerre mondiali tre Internazionali comuniste e sessant’anni di controrivoluzioni staliniste hanno fornito materiale sufficiente perché in sede teorica, tattica e strategica, non ci sia più niente da inventare, comporre o mediare. Per chi, con sommo stupore, scopre solo oggi l'acqua calda ci sia il benvenuto, per chi l'acqua calda l’ha già scoperta crede di doverla allungare con più fresche sorgenti, faccia pure ma a debita distanza.
Oggi il problema non é quello di contribuire ad una piattaforma politica che è ancora " in fieri" ma di sollecitare un confronto politico sulle posizioni esistenti (quando ci sono) in modo che si contribuisca il più celermente possibile all’auspicato processo di aggregazione o al suo contrario: la delimitazione politica. Oggi la questione partito é di primaria importanza. Le tragiche scadenze che il capitalismo mondiale sta imponendo alla classe operaia dovrebbero accelerare i tempi di questa vitale questione. Ma non si perviene a ciò, non si contribuisce al più importante compito che sta di fronte ai rivoluzionari né quando ci si balocca su posizioni individualistiche, preoccupati più di difendere la propria confusione politica o la mancanza di programmi, sino al punto di rifiutare o di sfuggire a validi confronti politici dai quali dovrebbe uscire una definitiva responsabilizzazione in un senso 0 nell’altro, né quando si imposta la questione in modo errato. Il rischio più grave, in questa situazione, é che le odierne e le future espressioni di ripresa possano perdersi nei pericolosi atteggiamenti della gruppomania, alla continua ricerca di sottili distinguo, ora basati sulla diversa valutazione di questioni contingenti, "concrete", ora su bizantine teorizzazioni di alta politica strategica.
A questo proposito va rilevato come, nella "grande" area internazionalista, tra Partiti e Partitìni, Partiti in “nuce" o in "fieri"gruppi e gruppetti, nuclei ed elettroni, siano ormai occupate tutte le posizioni possibili. Solo sul problema partito esiste una gamma vastissima di posizioni. C’é chi é per il partito ma solo in determinate condizioni obiettive, chi é per la necessita del partito anche nelle fasi storiche controrivoluzionarie, chi, pur accettandolo non lo vede di buon occhio. C’é chi é per il centralismo organico e chi per quello democratico e chi pensa che nessuna delle due soluzioni sia quella ottimale. C’é chi é per la dittatura dei proletariato o per la dittatura del partito, e chi naturalmente, pur richiamandosi a Marx, Lenin e Bordiga non riesce ad identificarsi sino in fondo in nessuna delle due. La stessa cosa si ripete per il problema sindacale. Si passa dall'analisi dell’irrecuperabilità a quella della sua riconquista, con le relative posizioni intermedie. Idem per le guerre di liberazione nazionale. Dall’appoggio incondizionato si passa a quello critico, da quest’ultimo, di sfumatura in sfumatura, alla posizione opposta.
Nonostante ciò c'é chi giustifica il proprio individualismo asserendo di non trovare nel calcolo combinatorio delle varie posizioni quella che lo soddisfi su tutti i punti. Può darsi , ma sorge spontaneo il sospetto che dietro a tutto ciò non ci sia la ricerca della chiarezza politica 'ma l’opportunistico atteggiamento di chi si serve delle divergenze degli altri per avallare la "sua" divergenza. In questo modo non solo non si opera perché chiarezza sia fatta, e dopo di che o aggregazione o ognuno per la sua strada, ma si aggiunge confusione alla confusione.
F.D.
Battaglia Comunista
10 aprile 1980
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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