PENSATE ANCHE UN PO’ AI POVERI BELLATORES! Sull'ennesima precettazione del ministro dei trasporti... sfasciati

Il 26 novembre, il ministro delle infrastrutture Salvini, tramite la pubblicazione dell’ennesimo video sui social, ha annunciato la precettazione dei lavoratori dei trasporti per lo sciopero del 29. Nel suo annuncio, il ministro, con quella sua solita baldanza, simile a quella dell'adolescente che si vanta d'aver bevuto più di tutti gli altri ad una festa, afferma che i padroni hanno pieno diritto allo sfruttamento e che questo sciopero, il minimo sciopero da una durata ridicola, con un preavviso di un mese, senza neanche l'appoggio di tutti e tre i confederali, non s'ha da fare, perché provocherebbe troppo disturbo. Infatti, affermava che:

Esiste il diritto allo sciopero come esiste il diritto alla mobilità e alla salute e al lavoro di tutti gli altri italiani”.

C’è da sottolineare che la prima cosa che si nota in tutti i comunicati del ministro è il fatto che egli ignori e escluda da ogni pensiero tutti i lavoratori “stranieri”, che in Italia sono quasi 2,4 milioni. Nell’aggiungere il suo “agli Italiani” in ogni singolo comunicato, egli nasconde e offusca il fatto che i primi ai cui sono negati i “diritti”, che il nostro ministro sembra tanto avere a cuore, sono proprio i non italiani che, pur producendo un'enorme ricchezza (il 9% PIL è prodotto da lavoratori immigrati)1, sono spesso tenuti in condizioni di lavoro disumane, con contratti a nero e senza alcuna tutela. I non Italiani sono tra i primi a morire per il mercato italiano, *sicuramente* nel raggiungerlo, ma *spesso* nello sfamare le sue brame di profitto.

Andando oltre quest'ignoranza (voluta), il resto del comunicato mostra ciò che è già risaputo ormai da tempo.

Lo stato è anzitutto uno strumento delle classi dominanti. La sua costituzione e il suo diritto non sono altro che uno strumento delle classi dominanti che lo usano per tracciare gli argini alla lotta di classe . La legge è cieca davanti alle classi sociali.

I sindacati ancora una volta mostrano il loro vero scopo, ovvero il gestire la forza lavoro in nome delle classi dominanti. Ricordiamo che a sottoscrivere la legge 12 giugno 1990, n. 146, che oggi Salvini può utilizzare per precettare gli scioperi, furono proprio i sindacati, gli stessi che oggi frignano e ricorrono alla madre di tutte le minacce: il ricorso in tribunale. Se i signori sindacalisti volessero fare della vera lotta di classe e avere dei veri risultati, la magistratura sarebbe lasciata agli azzeccagarbugli. Il diritto e le sue corti tutelano gli interessi dei borghesi. I salariati per tutelare i loro di interessi non hanno altro strumento se non la lotta. Danneggiare i profitti con la lotta significa tutelare i salari.

La lotta di classe va organizzata fuori da questi beceri strumenti del capitale detti sindacati. L’unica strada per i lavoratori sono i consigli di sciopero guidati da un partito di classe che faccia gli interessi dei salariati a discapito di quelli dei nemici di classe.

Questo è ciò che bisogna ribadire!

In epoca feudale, quando i contadini volevano ribellarsi al signore locale, la chiesa, tramite le sue figure, era solita ripetere loro che i bellatores (la nobiltà) erano i primi a morire in guerra, che anche loro avevano compiti ardui e faticosi quanto i servi della gleba e che quest’ultimi dovevano essere felici di lavorare la terra (altrui) di uomini così valorosi. Oggi i parlamentari, giudici e sindacalisti vengono a predicare ai lavoratori la stessa cosa. Ripetono che anche i padroni hanno diritti, primo fra tutti quello allo sfruttamento, garantito costituzionalmente con l’articolo 41, e che causare sconforto ad altri cittadini non serve. La risposta da dare a tutti coloro che ripropongono questi discorsi è: sconforto? Voi c’avete tolto scuole e ospedali, voi avete lasciato che la piaga delle morti sul lavoro sia la normalità, voi avete lasciato che gli scioperi diventassero una farsa, accettando tutti i paletti proposti dalle classi dominanti; altro che dato sconforto: voi ci proponete la morte!

È contro di essa che noi lottiamo, costi quel che costi!

Viva la lotta salariale, *per il superamento di questi sistema infame, a discapito di ogni impedimento borghese!*

PS Il “nostro” baldo ministro delle infrastrutture, che ha tanto ha cuore, dice, la mobilità degli “italiani”, ignora consapevolmente/colpevolmente lo stato disastroso del trasporto pubblico, dove, per dirne una, i ritardi dei treni non si contano, ritardi che esasperano i disagi soprattutto dei pendolari, ma anche dei “normali” viaggiatori (immigrati compresi).

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fonti:

1ilsole24ore.com

Giovedì, November 28, 2024