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Home ›La rabbia proletaria, la reazione borghese, il partito
La reazione “scomposta” della maestra precaria durante la manifestazione di protesta contro lo svolgimento del comizio elettorale di CasaPound a Torino a fine febbraio, prende di mira le forze di pubblica sicurezza con invettiva varie. Segue il licenziamento dell’insegnante in diretta tv dal palco della trasmissione Matrix, da parte del segretario del PD Renzi (ad oggi non ancora ratificato).
Un licenziamento in tronco di un dipendente pubblico, da parte del segretario del partito di governo, in diretta televisiva, non si era mai visto. Per lo meno in democrazia.
Marco Revelli Doppiozero
Nei giorni seguenti non si assiste ad altro che a teatrini di indignazione e “linciaggio” mediatico, che al posto di una donna sola, a mani nude e viso scoperto, mettono un pericoloso terrorista a minacciare la libertà di parola degli squadristi di CasaPound. Mentre l’apologia di fascismo diventa un reato minore alquanto discutibile. Si alternano le prese di posizione pro o contro la docente. Contro: da parte della (quasi ex) ministra dell’istruzione Fedeli con l’apertura di una “indagine”, passando per l’equivalenza tra fascismo e antifascismo di Gramellini, allineato al Renzi. Di difesa: nell’immancabile accezione femminista di “Non una di meno”, sindacale da parte di USB, forse la più coerente vista l’ipotesi di licenziamento, antifascista ripescando nella pomposa e vuota retorica costituzionale, democratica, patriottica... piccolo borghese.
E’ un fatto che l’asse politico istituzionale si stia ammassando a destra nel tentativo di dare risposta alle emergenze sociali e lavorative, esauriti i margini di trattativa e quindi non disponendo di differenti soluzioni. Si tratta di politici borghesi, di un governo borghese, il cui “imperativo categorico”, è il caso di dirlo, è quello della difesa degli interessi della classe dominante e del capitale, indissolubilmente legati al loro comune destino.
Il costante dispiegamento di forze ad ogni sortita, in difesa di Lega e “fascisti del terzo millennio”, rivela la vitale commistione -- di certo non una novità -- esistente tra stato e borghesia, che sulle buste paga dei suoi funzionari appone la firma. Va dunque alla maestra la nostra solidarietà perlomeno di intenti, fermo restando, naturalmente, tutte le critiche all’antifascismo democratico, al movimentismo ecc.
Nell’esprimere la nostra solidarietà all’ennesima vittima proletaria della gogna mediatica borghese, e di possibili provvedimenti disciplinari, ribadiamo come la progressiva deriva autoritaria dello Stato colga ogni pretesto possibile per attaccare e criminalizzare chiunque metta in discussione l’ordine costituito, anche se in maniera vaga e confusa. Non può non saltare agli occhi la sproporzione tra un fatto sostanzialmente marginale (lo sfogo verbale di una manifestante) con la fanfara a cui è stata sottoposta la maestra.
Ma vogliamo cogliere l’occasione anche per criticare l’inconsistenza politica di chi pensa di poter prescindere dall’organizzazione politica rivoluzionaria per avanzare una critica reale allo stato di cose presenti. Colpisce come le invettive indirizzate alle forze dell’ordine esprimano confuse rivendicazioni su giustizia e legalità, rivolte proprio a chi sta volutamente ignorando, se non favorendo in modo del tutto consapevole, l’ascesa del totalitarismo.
Cosi mentre la borghesia compatta opera scelte politiche antiproletarie, i cortei “antifa” mettono in campo “conflittualità” e invettiva, rivendicando il rispetto di regole democratiche. Siamo nel campo interclassista del diritto e dello stato borghese, poi ci si lamenta della mancanza di risposta e del torpore in cui la classe operaia langue.
L’organizzazione politica del proletariato in quanto classe oppressa è il partito rivoluzionario e non esistono terreni o ambiti o formule organizzative a cui delegare la responsabilità di condurre la lotta per il potere, se non alla stessa classe operaia dotata di prospettiva politica.
Programmi e obiettivi politici sono patrimonio del partito di classe, che non è assimilabile in nulla ad un partito borghese in quanto difende esclusivamente gli interessi di una classe e non dell’intera società o del “popolo”, come ama esprimersi l’illuminista liberale piccolo borghese. Ragionare diversamente significa non essere in grado di riconoscere l’organizzazione sociale capitalista, dove la borghesia domina ed ha quindi già vinto, pretendendo la neutralità dello stato. Si finisce in questo modo per collaborare fattivamente allo spostamento dell’asse politico a destra né più né meno che come qualunque partitino borghese.
Va allora compresa a fondo l’importanza del progetto politico proletario, della strategia per il superamento di questi rapporti sociali e la sua alternativa comunista, tutti obiettivi che solo il partito di classe ha chiarito, mantenuto immutati e insieme attualizzato, con il compito di trasmetterli alla classe operaia.
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