Elezioni amministrative

Ancora una volta tra Polo e Ulivo l’ineffabile Bertinotti

L’ennesima commedia schedaiola si è svolta, le solite schermaglie e accuse reciproche tra i partiti; anche, il bombardamento propa-gandistico dei mezzi di comunica-zione ha consumato il suo rituale di farsa democraticistica e di rimbecillimento dei cervelli. In concreto tutto rimarrà come prima: stato e padroni continueranno a scaricare i costi della crisi capitalistica sulle spalle del proletariato.

Il punto su cui ruota tutto, attraverso il quale le forze politiche di destra e di sinistra polemizzano e cercano di differenziarsi in qualche modo, almeno dal punto di vista dell’immagine, è la solita questione della riforma dello stato sociale. Che il welfare vada cambiato non viene messo in discussione da nessuno, nemmeno da Rifonda-zione comunista! Ciò che differenzia i partiti borghesi è l’accento che essi pongono a questo o a quell’aspetto della questione, se aggredire di petto la spesa sociale o più gradualmente, se agire urlando o sottovoce. In pratica la diversità è esclusi-vamente nella forma verbale. Ciò che li accomuna invece è la sostanza: pensioni, sanità, scuola e tutto il resto devono essere drasticamente ridimensionati.

Le elezioni amministrative del 27 aprile non sono sfuggite a questa logica, e da consultazioni locali hanno assunto una valenza nazionale nella lotta interborghese tra i partiti, soprattutto in considerazione che erano coinvolte città importanti come Milano e Torino. I risultati del primo turno hanno visto i partiti maggiori mantenere più o meno le stesse posizioni delle elezioni politiche dello scorso anno. Mentre la Lega e Rifondazione sono cresciute, così come è aumentato l’astensionismo.

Il dato politico più significativo del voto è il successo di Rifondazione, l’unica forza politica che abbia centrato l’obiettivo prefissato. A questo proposito dobbiamo spendere qualche considerazione.

Il partito di Bertinotti in passato ha sempre sostenuto che lo stato sociale non si doveva toccare, in seguito, dietro la pressione dei fatti di una realtà capitalistica che non dà nessun segnale di ripresa, ma che al contrario vede la crisi approfondirsi e la disoccupazione aumentare, esso si è dovuto adeguare e accettare la manovra sulle pensioni come previsto dal governo nel 1998. Rifondazione ha comunque ostentato a proprio merito di avere impedito che l’attacco al sistema previdenziale fosse anticipato a quest’anno. Analogamente sul fronte della sanità il Prc ha rivendicato a sé l’avere messo il bastone fra le ruote ai tagli indiscriminati.

Tanti altri esempi simili si potrebbero citare, il copione è sempre lo stesso, ogni cosa sarebbe stata peggio senza Rifondazione. Il tutto condito con la ciliegina finale che è necessario mediare con questo governo per battere le destre. Questo atteggiamento dimostra l’opportunismo politico di Rifondazione e quanto sia deleteria l’influenza che esercita su quei proletari che la seguono.

I patteggiamenti con il governo Prodi non hanno impedito che in attesa delle riforme complessive passassero leggi e leggine contro i proletari. Inoltre ritardare di qualche mese gli inevitabili provvedimenti che gradualmente smantelleranno lo stato sociale e cantare vittoria significa essere i peggiori mestieranti della politica.

Qual’è la differenza tra destra e sinistra se il risultato finale sarà lo stesso? Nessuna. Stando sullo stesso terreno di gestione della società borghese, quindi assecondando le necessità del capitale nazionale in una fase storica di crisi strutturale del ciclo economico, è naturale che tutte le riforme vadano nella direzione esattamente contraria agli interessi del mondo del lavoro.

Lo stesso vale per Rifondazione che fa del parlamentarismo e della democrazia borghese i propri articoli di fede, facendo credere, come è tratto caratteristico della socialdemocrazia nell’ingannare i lavoratori, che attraverso le istituzioni di questo stato sia possibile contrastare l’imbarbar-imento sociale a cui conduce il capitalismo.

Senza contare che oltretutto si finisce per cadere nel ridicolo quando, come nel caso di Milano, si determina il paradosso che entrambi i candidati a sindaco sono imprenditori. Qui Rifondazione sta cercando a tutti i costi l’apparentamento, giustifi-cando tale atteggiamento di meschino tatticismo come tentativo di spostare a sinistra l’Ulivo, e in particolare il Pds. Quando in realtà sono i rifondazionisti a spostarsi più a destra rendendosi disponibili ad appoggiare l’industriale Fumagalli.

I proletari che hanno votato Rifondazione sono attualmente la parte più sensibile della classe, certamente essi cercano un orientamento e una qualche risposta rispetto allo stato di cose presente. Ma non c’è nessuna via di uscita se non la lotta sul terreno dell’anticapitalismo; la crisi seguirà il suo corso e sgonfierà qualsiasi velleità neoriformista.

cg

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.